Lampi d'estate

«Sei andato a vedere l'Imperatrice, zio Clarence?»
«Eh? Oh, sì. Sì mia cara. Sono stato con lei tutto il pomeriggio.»
Gli occhi miti di Lord Emsworth brillavano sempre quando si nominava quel nobile animale, l'Imperatrice di Blandings. Il nono conte era un uomo di poche e semplici ambizioni.  Non aveva mai desiderato forgiare i destini dello Stato, dettarne le leggi e far discorsi alla Camera dei Lord che facessero saltare in piedi ad acclamarlo vescovo e pari. Tutto ciò cui aspirava, quale riconoscimento capace di farlo accogliere  nell'England' Hall of Fame, era riuscire a far vincere per il secondo anno consecutivo il primo premio, una medaglia d'argento, alla sua scrofa di razza, l'Imperatrice di Blandings appunto, alla Fiera Agricola dello Shropshire, categoria porcelli grassi. E ogni giorno se non si sbagliava di grosso gli sembrava che il premio baluginasse un pò più vicino a lui.

[Pelham Grenville Wodehouse, Lampi d'estate, TEADUE, 1989, pag. 23]

Libera nos a Malo

Maggio in orto, api, calabroni; virgulti, germogli, foglie tenere, e bai dappertutto, in aria in terra sulle foglie. Mi vede questo bao? Vede un bao grando; è tutto fatto a bai il mondo, bai-bimbissóli, bai-lumèghe, bai-sórze, bai-càn, bai-òmini, bai-angeli che zòla come questo bao. Zòla via bao!
Nello zufolo delle api filandiere c'era il bandolo di una cosa che dardeggiava dentro e fuori dal tempo; mi sentivo uscire dal nostro man-loched set, lo spazio infinito e il tempo infinito erano gocciole di suono a mezz'altezza, press'a poco alte come le mura dell'orto, che fioccavano in aria senza cadere.

[Luigi Meneghello, Libera nos a Malo, BUR 2006, pag. 36]

L'assassinio di Roger Ackroyd

«E ora, messieurs et mesdames» riprese rapidamente Poirot «proseguirò con quanto stavo per dire. Dovete capire bene questo: io intendo arrivare alla verità. La verità, per quanto a volte possa essere terribile, è sempre una meta affascinante. Io sono vecchio, forse le mie facoltà non sono più quelle di una volta ...» A questo punto si aspettava un coro di proteste. «Forse è l'ultimo caso che tratto. Ma Hercule Poirot non può chiudere la sua carriera con un fiasco. Vi assicuro che intendo scoprire la verità e la scoprirò a dispetto di tutto e di tutti.»

[Agatha Christie, L'assassinio di Roger Ackroyd, Mondadori, 1979, pag. 119]

Il grande Gatsby

Quasi tutte le grandi ville costiere ormai erano chiuse e le luci erano rare, se si toglieva il chiarore di un ferry-boat la cui ombra si spostava verso lo Stretto. E mentre la luna si levava più alta, le case caduche incominciarono a fondersi, finché lentamente divenni consapevole dell'antica isola che una volta fiorì per gli occhi dei marinai olandesi: un seno fresco, verde, del nuovo mondo. Gli alberi scomparsi, gli alberi avevano ceduto il posto alla casa di Gatsby, avevano una volta incoraggiato bisbigliando il più immane dei sogni umani; per un attimo fuggevole e incantato, l'uomo deve aver trattenuto il respiro di fronte a questo continente, costretto ad una contemplazione estetica, da lui non capita nè desiderata, mentre affrontava per l'ultima volta nella storia qualcosa di adeguato alla sua possibilità di meraviglia.
E mentre meditavo sull'antico mondo sconosciuto, pensai allo stupore di Gatsby la prima volta che individuò la luce verde all'estremità del molo di Daisy. Aveva fatto molta strada per giungere a questo prato azzurro e il suo sogno doveva essergli sembrato così vicino da non poter sfuggire più. Non sapeva che il sogno era già alle sue spalle, in questa vasta oscurità dietro la città, dove i campi oscuri della repubblica si stendevano nella notte. 
Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C'è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia... e una bella mattina ...
Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato.

[Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, Mondadori, 1990, pag. 181-2]